Microfono

Microfoni

Il microfono è un trasduttore di tipo elettro-acustico in grado di convertire le onde di pressione sonora in segnali elettrici.

Trova applicazione nell'ambito delle telecomunicazioni (in particolare nella telefonia), nel mondo dello spettacolo (musica, radio, televisione, cinematografia) e nei sistemi di rilevamento di onde acustiche.

Tipi di microfono [ modifica | modifica wikitesto ]

Esistono diversi tipi di microfono che basano il proprio funzionamento su differenti tecnologie e metodi di conversione e d'uso.

I microfoni possono essere classificati in base a:

tipologia del sistema meccanico: (in pratica il tipo di trasduttore): a membrana, a nastro e a cellula; [1]

grandezza oggetto della trasduzione: a pressione, a gradiente di pressione, a spostamento e a velocità; [1]

principio di trasduzione: a variazione di resistenza, elettromagnetici (o magnetici o dinamici), elettrostatici e piezoelettrici; [1]

necessità o meno di alimentazione: con cavo e senza cavo

Posizione e distanza: i microfoni a seconda del modo in cui vengono utilizzati modificano le loro caratteristiche e peculiarità, come nel caso dei microfoni Lavalier (da bavero o collarino, con riferimento ai vecchi, pesanti microfoni che venivano appesi al collo mediante un cordino come una collana), ad archetto (guancia o rima buccale, meno sensibile al disturbo ambientale), palmari o gelato (che devono essere impugnati e permettono una grande dinamica)

Per il funzionamento del microfono ci si può basare su diversi principi e di conseguenza si modifica la tecnica di realizzazione.

A variazione di resistenza [ modifica | modifica wikitesto ]

Microfono a carbone [ modifica | modifica wikitesto ]

Antica capsula microfonica a carbone

Praticamente non più utilizzato, il microfono a carbone sfrutta la variazione di resistività di granuli di carbone sottoposti a compressione meccanica dalla sottile membrana che chiude la capsula che li contiene.[1] Economico da costruire, può tuttavia coprire un campo di frequenza molto limitato. Erano di questo tipo i primi microfoni radiofonici (quelli stile anni '30, che si vedono nei vecchi film), ma anche le capsule microfoniche adottate per i telefoni a cornetta in uso fino agli anni 80;[1] agitando tra le dita la capsula, è percepibile il movimento dei granuli.

Microfono dinamico [ modifica | modifica wikitesto ]

Il microfono dinamico è strutturalmente simile ad un piccolissimo altoparlante, con funzionamento inverso: sfrutta il fenomeno dell'induzione elettromagnetica per convertire il movimento di una membrana (la parte destinata a raccogliere le pressioni sonore, normalmente costituita da una pellicola di mylar, poliestere dello spessore di pochi decimi di mm) in forza elettromotrice, grazie ad un avvolgimento di filo conduttore sottilissimo meccanicamente fissato alla membrana stessa chiamato bobina mobile. Tale struttura è immersa nel campo magnetico generato da un nucleo di magnete permanente. Il movimento della bobina mobile nel campo magnetico genera, ai capi del filo di cui è composta, una tensione elettrica alternata proporzionale all'ampiezza dei movimenti dell'avvolgimento e quindi, in definitiva, alla magnitudo del segnale acustico: questa tensione costituisce il segnale elettrico audio il quale, tramite un cavo oppure via radio, viene trasferito al preamplificatore. Spesso si usa un mixer audio, al cui interno sono presenti i preamplificatori.

Microfono a nastro [ modifica | modifica wikitesto ]

Usa un nastro sottile e, a volte, ondulato sospeso in un campo magnetico. Il nastro è collegato da un circuito elettrico all'uscita audio del microfono cosicché le sue vibrazioni nel campo magnetico possano generare un segnale elettrico. Sia il microfono a nastro che quello a bobina mobile hanno in comune la caratteristica di produrre il suono per induzione magnetica.

Microfono a condensatore [ modifica | modifica wikitesto ]

Lo stesso argomento in dettaglio: Microfono a condensatore e Microfono a elettrete.

Il funzionamento del microfono a condensatore si basa sulla variazione di tensione ai capi di un condensatore, di cui un'armatura è fissa e l'altra è costituita dalla membrana del microfono stesso. Alla membrana è fornita una quantità di carica Q=V x C: essendo la carica costante, poiché la tensione di polarizzazione è fornita attraverso una resistenza solitamente di 1ohm, ogni piccola variazione della distanza fra le armature dovuta alla vibrazione della membrana provoca una variazione della capacità che produce una variazione di tensione. Il microfono a elettrete (è spesso usato anche il termine anglosassone electret) si basa sullo stesso principio, ma il campo elettrico è fornito da un elettrete, ovvero un materiale isolante in cui è intrappolata una carica elettrica.

Entrambi per funzionare necessitano di un piccolo circuito elettronico adattatore di impedenza. Tale circuito deve essere alimentato: per questo si può usare una batteria, ma spesso si preferisce fornire l'alimentazione tramite lo stesso cavo microfonico (alimentazione Phantom). Esistono diversi standard a cui il circuito può aderire, tra cui alimentazione a 12 volt "T" negativa o positiva e alimentazione phantom 12 positiva o negativa o +48V. Alcuni microfoni sono composti da due moduli separati: il modulo di alimentazione (con batteria da pochi volt, fino ai 48 volt o Phantom) e il modulo microfono vero e proprio che può essere ad una, due o quattro celle, per distanze piccole, medie e grandi.

La capsula del microfono a condensatore, avendo caratteristiche di alta sensibilità, si presta anche a prelevare suoni a grande distanza: per tale uso è possibile accentuare le caratteristiche direzionali del microfono, montando la capsula all'interno di tubi progettati e calibrati per ottenere determinate interferenze additive e sottrattive.

Viene spesso impiegato nelle riprese musicali sia negli studi di registrazione che dal vivo e nella sonorizzazione di film durante la presa diretta e nel doppiaggio. Altri impieghi del microfono a condensatore sono: conferenze, televisione (microfoni lavalier e capsule per radiomicrofoni), traduzioni simultanee ecc.

Il microfono Lavalier è un tipo di microfono a elettrete molto usato nelle trasmissioni televisive. Si fissa grazie a una pinzetta o una calamita sul tessuto del vestito di chi lo usa. Ha il pregio di poter essere usato senza le mani, ma (anche secondo la qualità) ha il difetto di produrre suoni indesiderati quando viene in contatto con il tessuto. Ci possono essere varie strategie per nasconderlo[1]

Microfono piezoelettrico [ modifica | modifica wikitesto ]

Microfono piezoelettrico

I microfoni piezoelettrici, detti anche a cristallo, sfruttano le proprietà dei materiali piezoelettrici, che reagiscono alle onde sonore generando un segnale elettrico. Tale tipologia di microfono è molto semplice dal punto di vista costruttivo ed economica, per cui è stata molto diffusa dagli anni '50 agli anni '70, prima che facessero la loro comparsa i microfoni di tipo electret.[1]

Per ovviare alle scomodità dei cavi di trasmissione del segnale elettrico utilizzati dai microfoni tradizionali, sono stati introdotti, e vengono utilizzati principalmente negli studi televisivi o in manifestazioni dal vivo i cosiddetti radiomicrofoni, che incorporano, oltre ad una normale capsula microfonica, un circuito trasmettitore che modula il segnale portante radio e una piccola antenna che trasmette il segnale a un ricevitore, posto vicino alla console o comunque all'unità che si occupa dell'acquisizione del suono. Il ricevitore si occupa quindi di riconvertire il segnale radio in un segnale audio e passarlo via cavo alla console.

Tali microfoni sono capaci di funzionare anche a decine di metri dal ricevitore, soprattutto in ambienti privi di ostacoli (in particolare pareti in muratura). Data però la perdita di qualità per necessità di convertire il segnale audio in segnale radio e poi viceversa, oltre al rischio che si esaurisca la batteria durante la performance o che altre fonti di onde radio interferiscano con la comunicazione, nei concerti e tanto più negli studi di registrazione musicali vengono preferiti i tradizionali microfoni a cavo. Con i radiomicrofoni a modulazione digitale si ottiene una qualità molto superiore, paragonabile a quella di un collegamento via cavo.

Il radiomicrofono in cui la capsula microfonica è separata dal resto e, data la piccola dimensione, può essere appesa al colletto della camicia o al bavero del vestito di colui che parla/canta oppure ad archetto (in inglese headset) che, attraverso uno scheletro di plastica o metallo, permette di avere la capsula microfonica perpendicolare alla direzione del suono emesso dalla bocca. Nei microfoni a spillo e ad archetto il sistema di preamplificazione, conversione e trasmissione si trova nel trasmettitore (in inglese bodypack), un piccolo dispositivo che solitamente si tiene agganciato alla cintura, collegato alla capsula mediante un cavetto: ciò consente una libertà di movimento massima, non essendo più necessario sorreggere il microfono con le mani.

Caratteristiche tecniche [ modifica | modifica wikitesto ]

Le principali caratteristiche tecniche dei microfoni sono:

Vi sono poi le caratteristiche psicoacustiche: trasparenza del suono, risposta ai transienti, selettività, resa sulle armoniche, ecc.

Figura polare dei microfoni [ modifica | modifica wikitesto ]

Lo stesso argomento in dettaglio: Figura polare.

A seconda della direzionalità, i microfoni omnidirezionali sono trasduttori di pressione, mentre gli altri sono trasduttori a gradiente di pressione oppure una combinazione tra le due.

Figure polari comuni per i microfoni:

Queste figure polari determinano il tipo di direzionalità del microfono, aiutando a discriminare il suono che si vuole campionare, dal rumore ambientale, per esempio un microfono omnidirezionale catturerà il suono della voce e tutti i rumori ambientali, ed in alcuni casi il rumore sovrasterà la voce, mentre un microfono cardioide darà maggiore valore alla voce, in quanto essendo leggermente direzionale cattura meno il rumore circostante.

Interfaccia digitale microfonica [ modifica | modifica wikitesto ]

Lo standard AES 42, pubblicato dalla Audio Engineering Society, definisce un'interfaccia digitale per i microfoni. I microfoni conformi a questo standard fanno uscire un segnale digitale direttamente dalla loro uscita tramite un connettore XLR maschio, invece di un segnale analogico. I microfoni digitali possono essere usati solo con equipaggiamento nuovo che disponga di connessioni conformi allo standard AES 42, oppure tramite l'utilizzo di un'interfaccia di conversione. Microfoni di alta qualità che operano in conformità con questo standard sono già disponibili da alcuni produttori di microfoni.

La preamplificazione del microfono dipende sia dalla tecnica costruttiva del microfono, sia dalla distanza che separa il microfono dalla sorgente da registrare, serve sia a correggere l'intensità del segnale in base alla tecnica costruttiva e che non apporta disturbi significativi ed è atto principalmente per evitare che il segnale venga rovinato dal rumore di trasmissione dello stesso, inoltre la pramplificazione correggere l'intensità del volume in base alla distanza (maggiore amplificazione al crescere della distanza), in quanto a secondo del tipo di posizionamento e quindi d'uso si deve più o meno amplificare il volume per evitare che il microfono risulti sordo.

Le problematiche principali della preamplificazione sono date principalmente dalla distanza tra microfono e sorgente da campionare (voce o suoni specifici). Un esempio che aiuta a capire tale situazione si ha durante un discorso tramite un microfono lavalier (distante dalla sorgente) in una sala ampia con vari diffusori acustici, il che può portare al fischio (o rientro o feedback, anche detto Laarsen); mentre in questo caso il microfono ad archetto, che invece è naturalmente posizionato vicino alla bocca, ne è quasi immune. Invece, qualora il discorso venga eseguito in una sala sprovvista di diffusori acustici, il microfono verrebbe investito solo dalla sorgente ed in questo caso non vi è una differenza apprezzabile tra una microfono lavalier ed un archetto.

I presentatori, oratori o cantanti che necessitano di avere le mani libere o che devono muoversi o ballare liberamente sul palcoscenico utilizzano solitamente microfoni ad archetto ma, altrimenti, i cantanti continuano a preferire il microfono palmare (a gelato) per la sua timbrica particolare (effetto prossimità) cui siamo tutti abituati e per la possibilità di modulare la voce e creare effetti acustici allontanando e avvicinando il microfono alla bocca.

Possono fare parte del sistema microfonico, a seconda del tipo: trasduttori meccanici ed elettrici, cavità di risonanza, tubi ad interferenza, filtri, sospensioni, alimentatori, amplificatori.

Antivento microfonici [ modifica | modifica wikitesto ]

Esempio di microfono con antivento.

Gli antivento vengono utilizzati per proteggere i microfoni ed impedire che il suono della voce venga alterato dal vento o da consonanti esplosive (consonanti come "P", "B", ecc.), in questo caso chiamati nel gergo "anti-pop". Molti microfoni hanno un antivento integrale costruito intorno al diaframma. Uno schermo in plastica viene mantenuto ad una certa distanza dal diaframma per schermarlo. Questa protezione offre una prima linea di difesa contro un urto o il vento. Alcuni microfoni hanno uno strato addizionale di spugna per aumentare la protezione. Oltre all'antivento integrato, esistono tre classi di protezione dal vento.

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